Facendo seguito alle richieste dei nostri associati torniamo sull’argomento delle azioni giudiziali di recupero:
il creditore inizialmente costituisce in mora il debitore, facendolo decadere dal beneficio del termine se si tratta di un debito non totalmente scaduto e frazionato in rate a scadere.

Trascorso un periodo di tempo ( di norma 30-60 giorni) ma non vi è una regola fissa, il creditore richiede il proprio avere mediante un atto di citazione che stabilisca la fondatezza delle ragioni creditorie al fine di ottenere il decreto ingiuntivo( i tempi variano da 20 giorni a mesi in caso di contestazione del credito).
Coloro che vantano un credito invece assistito da titoli quali cambiali e assegni possono saltare questo passaggio e precettare immediatamente il debitore.

Una volta “precettato” il debitore, il creditore, persistendo la morosità può a mezzo ufficiale giudiziario richiedere il pignoramento ( mobiliare e/o immobiliare) e se non ancora pagato l’espropriazione forzata dei beni.

Sono procedure onerosissime, i costi delle quali sono a carico del debitore ma in caso di inconsistenza patrimoniale ricadono sull’attore cioè il creditore; pertanto al fine di evitare procedure costose ed inutili è sempre meglio trovare una intesa con il creditore alla luce delle effettive ed oggettive situazioni patrimoniali.

Una particolare disciplina riguarda il pignoramento degli stipendi. La legge 180/1950 parla di pignorabilità nel quinto dello stipendio sino alla metà se in concorso con altre trattenute per pigioni od alimenti. Quindi il limite massimo in coesistenza con altre trattenute è il 50% dell’emolumento mensile.
Sulle pensioni invece non registriamo trattenute oltre il terzo dell’assegno vitalizio anche se teoricamente dopo il 2005 la disciplina della legge 180 ha equiparato in tema di trattenute le pensioni agli stipendi.

Il consultorio è a disposizione per chiarimenti e assistenza.